Il Promontorio: fra natura e leggende
Una volta usciti nel giardino retrostante l’edificio, si prosegue - immettendosi nel percorso c.d. di levante - lungo il Viale delle Palme, e, costeggiando l’intero fondo denominato “La Baronia”, tra vigneti ed antichi uliveti, si arriva a “Punta Mazza” .
“Punta Mazza” è una specie di piccolo capo listato di strati d’argilla, che si erge ripido e scosceso su una spiaggia bianca, detta “della Renella”, la cui selvaggia bellezza si impone all’interno di un sito dalle spettacolari caratteristiche naturali.
Da questo sito è possibile ammirare: lo scoglio, detto “Tavola di Baeli”; le “Grottazze”; lo “Scoglio della Bruca”; lo “Scoglio della Bambina; il “Puntuneddu”; la “Grotta di Gamba di Donna”, il “Salto del Cavallo”, tutte forme scolpite dalla natura.
Invece, nel tratto iniziale della costa orientale della Baronia, ad una certa distanza dalla terra, si possono scorgere: il “Ponte delle scale”, un lungo scoglio per metà a secco e per metà immerso tra le onde; la “Grotta del Milordo”; la “Spiaggia de’ Brignalori”; lo “Scoglio della Padella”, cosiddetto perché, durante le mareggiate, l’acqua intorno allo scoglio sembra friggere; lo sporgente “Ponte Cirucco”, da cui si apre un’insenatura non molto profonda che culmina appunto con “Punta Mazza”.
I fondali marini sono ricchi di prateria di Poseidonia; nelle grotte e negli anfratti si concentrano varie specie vegetali ed animali, quali per esempio: cernie, polpi, murene, scorfani. Altra parte importante di questo ecosistema è rivestita, inoltre, dai molluschi, di cui si cita la “Bursa scrobilator”.
Leggende
Due le leggende legate alla “Tavola dei Baeli” ed al “Salto del Cavallo”.
Intorno alla metà del ‘600, la Baronia era di proprietà dei Baroni Baele, che godevano di grande prestigio tra la nobiltà locale e avevano fama di essere persone assai colte, pur se alquanto bizzarre.
Una delle loro più chiacchierate estrosità era la singolare abitudine, da quando avevano comprato la Tenuta di San Nicolò, di far cena, a volte, nelle sere d’estate, verso il tramonto, su un largo e piatto scoglio che emergeva durante le ore di bassa marea e che venne, poi, denominato la “Tavola dei Baeli”.
La Tavola, contornata di comodi cuscini, veniva apparecchiata con finissime tovaglie di Fiandra e preziosa argenteria. Pescati sul posto poco prima, venivano offerti ai commensali ricci di mare e ostriche, gamberetti crudi annegati in succo d’arancia con sale e pepe, aragoste e cicale lessate al momento in acqua di mare, rosee bottarghe della tonnara di Malpetito; il tutto accompagnato dal magnifico vino del Cirucco. In chiusura grossi semi di finocchio selvatici, lentamente masticati, favorivano la digestione e profumavano l’alito. Dopo la cena una grande lume acceso veniva lasciato sulla tavola insieme alle tovaglie e all’argenteria.
I partecipanti al banchetto, accompagnati dalla servitù, risalivano la costa verso più comode posizioni e da lì, compiaciuti, assistevano all’arrivo dell’alta marea che disperdeva nei fondali ogni ricchezza lasciata sul grande scoglio. Alla servitù e ai contadini della nobile famiglia era severamente proibito di avvicinarsi alla tavola: solo i marinai della zona, per esclusivo privilegio, potevano ripescare nella notte con le loro lampare la splendida argenteria, le preziose tovaglie e i morbidi cuscini.
Una leggenda molto triste è, invece, legata al “Salto del Cavallo”. Si narra, infatti, che Eleonora Baele, nipote di Don Onofrio, avesse un amore segreto per Giacomo Foti, figlio ventenne del campiere della Baronia di S. Nicolò e suo assiduo istruttore equestre. I due giovani erano sempre in giro per la tenuta ed avevano acquisito una tale abilità che riuscivano a condurre con destrezza i loro cavalli persino sull’impervia scogliera o negli anfratti più reconditi, così da salire e scendere dall’alta costa dell’Arenella o a raggiungere, per stretti e pietrosi sentieri, l’estremo scoglio del Messinese, ultima propaggine del Promontorio verso l’arcipelogo delle Eolie.
I Baroni di San Nicolò, seppur considerati piuttosto strani, non potevano ignorare questa tresca amorosa e, con grande compostezza, decisero, verso la fine di agosto, di liquidare con un generico pretesto e una generosa buonuscita la Famiglia Foti.
La giovane Eleonora, appresa la notizia del licenziamento dei Foti, per tutto il giorno non uscì dalla casa di villeggiatura al Capo di Milazzo. Verso sera la ragazza chiese il permesso di fare una passeggiata a cavallo. Si spinse fino al faro – che a quell’ora veniva acceso con un grande lume a petrolio – e poi andò oltre, verso l’estremità del promontorio.
Sulla strapiombante scogliera la giovane spronò per l’ultima volta il suo cavallo al galoppo e da lì sparì in mare per sempre. Quel luogo porta ancora il nome di “Salto del Cavallo”.
La leggenda vuole che, nel giorno in cui avvenne quel salto, gli abitanti della non lontana isola di Lipari accendano fuochi e luci per dare alla sfortuna ragazza un punto di riferimento per l’approdo e preparino grandi festeggiamenti per accogliere la bella innamorata. In realtà il giorno in cui il fatto è avvenuto coincide con la festa liparitana di San Bartolo, ma è altrettanto vero che, sconfortato dalla vana attesa, spesso il cielo d’agosto piange proprio in quel giorno con una improvvisa pioggia la tragica fine della bella Eleonora.
Valore floro-faunistico, geologicho ed archeologico
Il complesso paesaggistico descritto riveste un notevole interesse non solo da punto di vista naturalistico ma anche geologico ed archeologico.
Soprattutto nella parte estrema, che va da Punta Mazza a Punta del Tono, in cui è compresa l'area della Baronia, esistono delle significative variazioni della morfologia del suolo e dei fondali. Ciò consente una tale differenziazione delle specie animali e vegetali, difficilmente rintracciabile in un'area così concentrata. Sotto tutela sono, infatti, alcune specie indicate dalla Soprintendenza di Messina, che le ha elencate nella Declaratoria n°4906 del 31-12-92.
Quanto alla flora, sul Promontorio del Capo, si trova in forma discontinua una grande varietà di cespugli che cresce in forma spontanea, quali, a titolo esemplificativo: la ginestra spinosa (Calicotome villosa), l'euforbia arborescente (Euphorbia dendroides), l'artemisia arbustiva (Artemisia arborescens), il cappero (Capparis spinosa), il garofano (Dianthus rupicola), la vedovina delle scogliere (Scabiosa cretica), la finocchiella di boccone (Seseli bocconi), il radicchio di scogliera (Hyoseris taurina).
Quanto, invece, alla fauna, è importante ricordare che, nelle grotte e nelle calette del Promontorio, viveva in passato, ed era comune fino all'Ottocento, la foca monaca (Monacus monachus).
Tra i mammiferi terrestri presenti nel territorio si segnalano la donnola (Mustela nivalis) e il riccio (Erinaceus europaeus).
Tra gli uccelli, invece, che nidificano sulle scogliere di Milazzo, si citano il falco pellegrino (Falco peregrinus), il cormorano (Phalacrocorax carbo), il corvo imperiale (Corvus corax), la taccola (Corvus monedula), l'airone cenerino (Ardea cinerea), oltre a varie specie di gabbiano.
Il falco pellegrino riveste anche un'importanza storica, in quanto era un animale che re Federico II° di Svevia amava addestrare per la cosiddetta caccia col falcone.
Sotto l’aspetto prettamente geologico, il terreno “primitivo” del promontorio è costituito da roccia di granito, sienite e schisto micaceo, su cui si è sovrapposto lo strato del terreno, per così dire “moderno”, formato da sabbione, tufo, conglomerato.
Già nella prima metà dell’Ottocento, il Promontorio di Capo Milazzo, compresa l’area della Baronia, è stato oggetto di studi da parte di geologi e naturalisti, italiani e stranieri.
Notevole importanza riveste il ritrovamento di fossili di “testacei” del Terziario e del Quaternario.
Sotto l’aspetto archeologico è importante ricordare che, nel 1993, a seguito di una serie di interventi di scavi archeologici subacquei, ad opera della Soprintendenza di Messina, sono stati effettuati dei ritrovamenti, in particolare nella Cala dei Liparoti, tra Punta Rotolo e Punta Cirucco e al largo di Punta Mazza, dove sono stati rinvenuti preziosi giacimenti fossili e reperti archeologici.
La Cala dei Liparoti, in quanto protetta dai venti, costituì, nei vari secoli, un punto di attracco sicuro per le navi. Ciò è comprovato dalla cospicua presenza di materiali ritrovati sui fondali, relativi ai vari carichi delle navi: perlopiù frammenti di anfore romane databili tra il I° sec. a.C. e l'età imperiale. I ritrovamenti si estendono però a reperti anche dell'Ottocento.
Questo punto della costa risultò, da sempre, un luogo favorevole ai naviganti anche per la presenza di una fonte d'acqua dolce e per l'esistenza di una scala scavata nella roccia, che permetteva di risalire dalla spiaggia al Capo. La collocazione di questa scala era già riportata in una carta seicentesca di Francesco Negro.
Il ritrovamento, forse più importante degli ultimi anni, è il relitto di una nave romana di età imperiale, proveniente dall'Egeo, rinvenuta nel 1993 al largo di Punta Mazza, un punto insidioso per le imbarcazioni. Negli anni successivi al '93, è stata recuperata parte del carico, consistente in diverse serie di anfore vinarie del tipo in uso nella prima metà del III° sec. d.C.