Punta Mazza
Proseguendo il cammino sugli esistenti camminamenti, tra il vigneto e il costone a strapiombo sul mare, dominato dalla macchia mediterranea e, per alcuni tratti, da eucalipti, si arriva a “Punta Mazza”, una specie di piccolo capo listato di strati d’argilla, che si erge ripido e scosceso su una spiaggia bianca, detta “della Renella”, raggiungibile ora solo dal mare ma un tempo anche dall'interno, la cui selvaggia bellezza si impone all’interno di un sito dalle spettacolari caratteristiche naturali.
Da questo sito è possibile ammirare: lo scoglio, detto “Tavola di Baeli”; le “Grottazze”; lo “Scoglio della Bruca”; lo “Scoglio della Bambina; il “Puntuneddu”; la “Grotta di Gamba di Donna”, il “Salto del Cavallo”, tutte forme scolpite dalla natura in una falesia imponente ma fragile e oggetto di continua erosione.
Invece, nel tratto iniziale della costa orientale della Baronia, ad una certa distanza dalla terra, si possono scorgere: il “Ponte delle scale”, un lungo scoglio per metà a secco e per metà immerso tra le onde; la “Grotta del Milordo”; la “Spiaggia de’ Brignalori”; lo “Scoglio della Padella”, cosiddetto perché, durante le mareggiate, l’acqua intorno allo scoglio sembra friggere; lo sporgente “Ponte Cirucco”, da cui si apre un’insenatura non molto profonda che culmina appunto con “Punta Mazza”.
I fondali marini sono ricchi di prateria di Poseidonia; nelle grotte e negli anfratti si concentrano varie specie vegetali ed animali, quali per esempio: cernie, polpi, murene, scorfani. Altra parte importante di questo ecosistema è rivestita, inoltre, dai molluschi, di cui si cita la “Bursa scrobilator”.
Valore floro-faunistico, geologicho ed archeologico
Il complesso paesaggistico descritto riveste un notevole interesse non solo da punto di vista naturalistico ma anche geologico ed archeologico.
Soprattutto nella parte estrema, che va da Punta Mazza a Punta del Tono, in cui è compresa l'area della Baronia, esistono delle significative variazioni della morfologia del suolo e dei fondali. Ciò consente una tale differenziazione delle specie animali e vegetali, difficilmente rintracciabile in un'area così concentrata. Sotto tutela sono, infatti, alcune specie indicate dalla Soprintendenza di Messina, che le ha elencate nella Declaratoria n°4906 del 31-12-92.
Quanto alla flora, sul Promontorio del Capo, si trova in forma discontinua una grande varietà di cespugli che cresce in forma spontanea, quali, a titolo esemplificativo: la ginestra spinosa (Calicotome villosa), l'euforbia arborescente (Euphorbia dendroides), l'artemisia arbustiva (Artemisia arborescens), il cappero (Capparis spinosa), il garofano (Dianthus rupicola), la vedovina delle scogliere (Scabiosa cretica), la finocchiella di boccone (Seseli bocconi), il radicchio di scogliera (Hyoseris taurina).
Quanto, invece, alla fauna, è importante ricordare che, nelle grotte e nelle calette del Promontorio, viveva in passato, ed era comune fino all'Ottocento, la foca monaca (Monacus monachus).
Tra i mammiferi terrestri presenti nel territorio si segnalano la donnola (Mustela nivalis) e il riccio (Erinaceus europaeus).
Tra gli uccelli, invece, che nidificano sulle scogliere di Milazzo, si citano il falco pellegrino (Falco peregrinus), il cormorano (Phalacrocorax carbo), il corvo imperiale (Corvus corax), la taccola (Corvus monedula), l'airone cenerino (Ardea cinerea), oltre a varie specie di gabbiano.
Il falco pellegrino riveste anche un'importanza storica, in quanto era un animale che re Federico II° di Svevia amava addestrare per la cosiddetta caccia col falcone.
Sotto l’aspetto prettamente geologico, il terreno “primitivo” del promontorio è costituito da roccia di granito, sienite e schisto micaceo, su cui si è sovrapposto lo strato del terreno, per così dire “moderno”, formato da sabbione, tufo, conglomerato.
Già nella prima metà dell’Ottocento, il Promontorio di Capo Milazzo, compresa l’area della Baronia, è stato oggetto di studi da parte di geologi e naturalisti, italiani e stranieri.
Notevole importanza riveste il ritrovamento di fossili di “testacei” del Terziario e del Quaternario.
Sotto l’aspetto archeologico è importante ricordare che, nel 1993, a seguito di una serie di interventi di scavi archeologici subacquei, ad opera della Soprintendenza di Messina, sono stati effettuati dei ritrovamenti, in particolare nella Cala dei Liparoti, tra Punta Rotolo e Punta Cirucco e al largo di Punta Mazza, dove sono stati rinvenuti preziosi giacimenti fossili e reperti archeologici.
La Cala dei Liparoti, in quanto protetta dai venti, costituì, nei vari secoli, un punto di attracco sicuro per le navi. Ciò è comprovato dalla cospicua presenza di materiali ritrovati sui fondali, relativi ai vari carichi delle navi: perlopiù frammenti di anfore romane databili tra il I° sec. a.C. e l'età imperiale. I ritrovamenti si estendono però a reperti anche dell'Ottocento.
Questo punto della costa risultò, da sempre, un luogo favorevole ai naviganti anche per la presenza di una fonte d'acqua dolce e per l'esistenza di una scala scavata nella roccia, che permetteva di risalire dalla spiaggia al Capo. La collocazione di questa scala era già riportata in una carta seicentesca di Francesco Negro.
Il ritrovamento, forse più importante degli ultimi anni, è il relitto di una nave romana di età imperiale, proveniente dall'Egeo, rinvenuta nel 1993 al largo di Punta Mazza, un punto insidioso per le imbarcazioni. Negli anni successivi al '93, è stata recuperata parte del carico, consistente in diverse serie di anfore vinarie del tipo in uso nella prima metà del III° sec. d.C.